È difficile comprendere il motivo che sta dietro all'avvento di certe mode, non solo nella musica ma anche in altre forme d'arte, e tutto ciò che concerne la comparsa o la sparizione di certe realtà. Di sicuro, il collettivo tedesco ha preso a grande esempio la scena postcore che si è sviluppata negli Stati Uniti, e pure in Scandinavia, all'inizio degli anni duemila. Una volta svanita quella forza propulsiva anche formazioni come i The Ocean hanno dovuto attraversare diverse fasi prima di diventare la macchina post-metal di oggi ma ciò non ha inficiato minimamente la qualità degli album. Al contrario, la visione lucida e lungimirante di Robin Staps ha permesso di accumulare concept di assoluta bellezza, scavando nelle ere geologiche così come nell’immenso repertorio della musica progressive. Il parallelo tra il nuovo lavoro in studio, registrato tra la Spagna, l'Islanda e la Germania, e ‘Pelagial’ è piuttosto evidente; entrambi sono viaggi nell'oscurità della storia e della trasformazione terrestre e, rispetto al primo volume di 'Phanerozoic', i progressi maggiori sono nelle morbose parti vocali di Loïc Rossetti. Da segnalare la produzione di Jens Bogren, il contributo del chitarrista David RamisÅhfeldt e la partecipazione di Jonas Renkse dei Katatonia in ‘Jurassic | Cretaceous’, forse il pezzo più accessibile assieme a ‘Pleistocene’.